Le grandi metropoli allo specchio. Il mondo spiato attraverso la superficie trasparente di una vetrina, come se fosse in vendita. In un gioco continuo di riflessioni e rovesciamenti dell’immagine l’obiettivo cattura la realtà composita del dentro e del fuori. Cosa c’è dietro una vetrina di Londra? Un cab, un lampadario, dei tavolini, una palazzo elegante, un passante? Cosa è dentro e cosa è fuori? La bambina che piange o che riflette sotto all’Empire State building di New York è stata dimenticata dentro a un negozio oppure è l’immagine riflessa di un manifesto pubblicitario? Il pane e il vino posti ai piedi di un grattacielo sono simbolo di comunione o di commercio? Lenin osserva pensieroso dalla finestra una San Peterburg che non riconosce più come la sua Leningrad oppure è solo un cimelio comunista per turisti?
Sono paesaggi urbani, dove la natura si manifesta solo per confondere e sporcare la nostra visione del mondo: gocce sull’obiettivo, raggi di luce come striature della realtà.
Il mondo ci rovescia continuamente le sue immagini che ci appaiono reali e incontrovertibili, solide testimonianze di un presente certo e promessa di un futuro obbligato a essere più grande, più bello, più veloce.
E’ sufficiente una lastra di vetro per insinuare in noi il dubbio che tutto quello che crediamo essere il nostro presente non è altro che una riflessione della nostra paura, una parete trasparente dietro la quale crediamo di nasconderci.
Ci sediamo come un piccolo Buddah nudo a meditarci su, ma forse siamo solo i soggetti di una nuova pubblicità di uno shampoo.
Foto di Carlo Andreli
Testo di Fabio Musati
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